La gentilezza colora il mondo
GIORNATA DELLA GENTILEZZA.
Ne dobbiamo parlare a scuola? Necessariamente!
E perché? La scuola, ormai, è diventata il posto in cui si dà più spazio alle attività extra (siamo pieni di giornate a tema da celebrare, che si tratti di sociale e di educazione civica, di digitale, di multilinguismo, di culturale in generale poco importa) che alle attività didattiche intese nel senso più tradizionale della parola.
Non è materialmente possibile lavorare su tutto, perché bisognerebbe tralasciare quel famoso programma che tutti dicono non esserci più ma che, inevitabilmente, ti ritrovi davanti sui libri di testo e quando i tuoi alunni devono affrontare le prove parallele (che, per chi non è del mestiere, sono prove a cui vengono sottoposti tutti i bambini di tutte le classi di un Istituto) o le famigerate prove Invalsi.
Quindi, come tutti gli insegnanti del mondo, mi ritrovo a scegliere con attenzione le giornate che ritengo vadano “celebrate” perché, secondo me, possono aiutare il mio lavoro non solo dal punto di vista più strettamente didattico, ma da quello dell’educazione e della formazione di un gruppo classe unito, rispettoso e collaborativo.
La giornata della gentilezza rientra nel mio “carnet” di giornate a tema.
Come sempre, per parlare di gentilezza, scelgo un libro che mi sembra più adatto a una classe prima.
Il titolo è “La gentilezza colora il mondo”.
Di cosa parla? Kobi, un camaleonte poco gentile, vive in un mondo grigio e non può fare il… camaleonte perché, se tutto è grigio, come può cambiare colore? Scoprirà che, a volte, basta modificare il proprio atteggiamento per…colorare il mondo.
Dopo aver cercato il materiale e preparato tutto con largo anticipo (e vi giuro che non è da me), inizia la lezione.
Prima ora e, dunque, c’è abbastanza attenzione.
Pongo ai bambini la domanda: “Che significa essere gentili?”.
Comincia l’attività di brainstorming.
Interviene Giuseppe, un vulcano sempre in eruzione: “Significa aiutare gli altri e farli stare bene”.
Alza la mano Miriam, attenta e riflessiva (a volte dubito che abbia sei anni): “Significa dire le parole gentili come grazie, prego, per favore”.
Ora tutte le mani sono alzate, poiché tutti vogliono intervenire.
Si sa che a quell’età tutti hanno voglia di parlare, anche solo per ripetere ciò che è stata già detto (Okayyyyyy, spesso è anche mancanza di attenzione, ma mi piace pensare di più che abbiano voglia di partecipare alla conversazione).
Partono allora le riflessioni di tutti (o quasi): “Aiutare chi ha bisogno e chiedere scusa se si sbaglia” (Raffaele), “Non è gentile chi dà calci allo zaino dei compagni” (Elena), “Non è gentile chi spinge” (Chiara), “È gentile chi dice al compagno di non piangere” (Giorgio. Lui lo sa bene perché, fino a qualche giorno fa, ancora piangeva ma, ora, consola il compagno che tuttora piange), “Non litigare perché, se litighiamo, il mondo diventa grigio” (Antonio), “Il mondo è grigio quando siamo tristi” (Ambra).
Adesso sono proprio pronti e comincio a leggere.
Mostro loro il libro mentre leggo e le immagini, quando cominciano a colorarsi, suscitano ammirazione e riescono a carpirne l’attenzione.
Arriva il momento di lavorare sul quaderno e ai bambini piace così tanto il fatto di usare tutti i colori per scrivere il titolo da far sembrare questa mia idea degna di un Oscar.
Poi l’attività vera e propria: avevo pensato al mondo da colorare e, nella ricerca delle immagini da utilizzare, mi viene in aiuto il sito di Maestra Mary.
Trovo lì un lavoro sulla “Giornata della Terra” (altra giornata da celebrare? Forse!) e ne rielaboro l’interno, inserendo le parole gentili.
I bambini completano tutto e poi scrivono una frase che riassume il significato del libro e della nostra giornata dedicata alla gentilezza.
Poi…cambio classe.
Ricreazione e, dopo, che faccio? Parlo o no di gentilezza?
In quest’altra classe non insegno italiano, ma storia e geografia.
Quindi decido di lavorare sulla giornata lo stesso, declinando le attività in modo “storico”.
Leggo il libro e, nonostante sia la seconda parte della giornata (con l’aggravante del post ricreazione), i bambini ascoltano e partecipano.
Sul quaderno, dopo l’ascolto, disegnano a modo loro le vignette della storia suddivisa in tre parti.
Scriviamo utilizzando gli indicatori temporali: prima, dopo, infine.
Viene fuori un lavoro certamente diverso rispetto all’altra classe, ma ugualmente valido.
La mia giornata lavorativa finisce, gli atti di gentilezza tra bambini spero, invece, inizino.
Maria Natale